Per motivi di lavoro mi capita di incontrare delle persone, a volte per pochi minuti, persone che non vedrò mai più nella mia e nella loro vita, ma per un attimo ci devo stabilire un qualche rapporto cordiale ed amichevole.
Oggi ho conosciuto A. Gentilissimo, mi ha raccontato un pezzo della sua vita. Nato a Vinaròs e chiamato con un nome inconsueto ha dovuto esiliarsi a cinque anni con la sua famiglia perché il padre, italiano, era schierato con la Repubblica. Dopo l'Italia, è passato in Messico. Ci è arrivato con un contratto di due anni, c'è stato venticinque e poi, da quanto mi risulta, s'è stabilito qui da noi, vicino a Barcellona.
Mi spiegava con rammarico che le sue tre figlie non parlano l'italiano, che riesce a far capire solo al nipote, ultimo arrivato. Che lingua parlate allora in casa, il catalano? ho chiesto io. Da notare che al bar dove eravamo a questo punto seduti lui ha chiesto "un suc de taronja". No, il catalano non gli piaceva, mi ha confessato, perché lo considerava una lingua "non completa", una lingua che non ha finito la sua evoluzione, come hanno fatto invece l'italiano o lo spagnolo.
Devo dire che questa mi mancava: una lingua incompleta... Una non finisce mai di stupirsi! Naturalmente gli ho detto, da filologa, che tutte le lingue sono complete e tutte sono in continua evoluzione, ma mi ha guardato dubitante. Sulle lingue tutti credono di poter dire la loro.
Mah...
Non so perché ho messo questo bel rospino come immagine dell'incontro con A. e della teoria delle lingue incomplete e non del tutto evolute, ma qualche rapporto ci deve essere. Va detto che i rospi mi piacciono tanto.
Mah...
Oggi ho conosciuto A. Gentilissimo, mi ha raccontato un pezzo della sua vita. Nato a Vinaròs e chiamato con un nome inconsueto ha dovuto esiliarsi a cinque anni con la sua famiglia perché il padre, italiano, era schierato con la Repubblica. Dopo l'Italia, è passato in Messico. Ci è arrivato con un contratto di due anni, c'è stato venticinque e poi, da quanto mi risulta, s'è stabilito qui da noi, vicino a Barcellona.
Mi spiegava con rammarico che le sue tre figlie non parlano l'italiano, che riesce a far capire solo al nipote, ultimo arrivato. Che lingua parlate allora in casa, il catalano? ho chiesto io. Da notare che al bar dove eravamo a questo punto seduti lui ha chiesto "un suc de taronja". No, il catalano non gli piaceva, mi ha confessato, perché lo considerava una lingua "non completa", una lingua che non ha finito la sua evoluzione, come hanno fatto invece l'italiano o lo spagnolo.
Devo dire che questa mi mancava: una lingua incompleta... Una non finisce mai di stupirsi! Naturalmente gli ho detto, da filologa, che tutte le lingue sono complete e tutte sono in continua evoluzione, ma mi ha guardato dubitante. Sulle lingue tutti credono di poter dire la loro.
Mah...
Non so perché ho messo questo bel rospino come immagine dell'incontro con A. e della teoria delle lingue incomplete e non del tutto evolute, ma qualche rapporto ci deve essere. Va detto che i rospi mi piacciono tanto.
Mah...
2 commenti:
Magari tute le lingua sono incomplete. Voglio dire che ci sono dei parole che posono essere dite solamente in una lingua. Che non hanno traduzione possibile. Per essempio, in spagnolo "cursi". Non c'è una traduzione a nessuna lingua, ci sono forsé delle aprossimazione ma non è il stesso concetto.
Un'altra, del catalano: "ximple"
Del inglese: Dandy, gentelman farmer
Del francese: elan...
Ci sono tante parole uniche!
No?
LO STESSO (no "il stesso")
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