mercoledì 30 maggio 2007

il primo amore non si scorda mai


"Avevo dieci anni e Lei era la mia professoressa di matematica...", no, proprio non vi voglio parlare del primo amore, ma del primo libro che ho letto in italiano. Il primo libro intero, che mi sono scelta da sola, che nessuno mi ha obbligato a leggere, che ho trovato, non saprei più dire come e che sono risucita a finire.


Non per caso, il libro era Una donna di Sibilla Aleramo... Che l'abbia comprato per il nome dell'autrice (completamente a me sconosciuta in quel momento)? Leggendo la sua vita / il suo romanzo ho pensato subito a una delle nostre autrici che io ho amato in seguito moltissimo, Mercè Rodoreda, anche se come stile era un'altra cosa.
Ricordo la felicità di essere riuscita a leggere ed a godermi la lettura di un libro intero... Il primo libro non si scorda mai. Anche se dopo ne sarebbero arrivati tanti altri, che mi avrebbero forse emozionato, coinvolto, divertito, toccato di più ...
"Pobrecita mía", diceva la mia amica Beatriz parlando di Sibilla, pobrecita mía. Qualche motivo aveva; ne parlerò forse in un'altra occasione.

sabato 26 maggio 2007

errori simpatici


Quando impariamo una lingua sfruttiamo anche la nostra capacità di creare parole ad immagine e somiglianza di quelle che abbiamo nelle lingue che conosciamo. Così non solo cerchiamo di riprodurre strutture conosciute ma anche di richiamare parole o pezzi di parola che ci suggeriscono qualcosa...


Negli ultimi esami orali i miei studenti (per lo più studentesse) mi hanno ricordato questo comportamento. Scelgo le invenzioni più carine tra le parole nuove che costruiscono in itallà (castellà + italià) o en cataliano (català + italiano). Tante volte le loro invenzioni "funzionano", cioè, sono davvero parole italiane con quel senso che loro vogliono darli... Questa volta mi hanno parlato di una verdura surgelata particolare, i pisolini. Una verdura piuttosto asonnata... Una seconda allieva mi racconta di fare un' insalata mista con i pomeriggi. D'estate, immagino, così viene più saporita...


Non rido mica: ricordo i miei propri errori quando imparavo anch'io l'italiano. Avevo inventato l' orsopucchino, un orsacchiotto decisamente piccolo e carino e l'arondine, un uccellino che non fa aprimavera, penso.


Credo che quelli della foto siano un tipo d' arondini. Rondinoni?


La foto è di Maria Rosa Puente, Madrid-Tarragona.

domenica 20 maggio 2007

volete cantare?

Questo fine settimana ci visita un coro di Bologna. Dirindina canta anche lei in un coro. Queste, le bolognesi, sono quasi tutte donne, ed è una donna la direttrice. Hanno cantato loro: canzoni popolari, direi tutte in dialetto, con tutta la forza dei canti di lavoro, delle canzoni d'amore spesso messe in bocca ad una ragazza che si confida con la madre, l'amica, ... con tutta la forza, l'allegria, il corpo che ci mettevano loro, le donne di Bologna. Noi ci abbiamo cantato e ballato insieme per la gioia del pubblico, tanti amici, che gremiva la bellissima sala della Casa degli Italiani di Barcellona.


Trascrivo solo una delle canzoni, particolarmente bella: misteriosa e quasi direi incompleta. Una canzone che parla del vincolo tra madre e figlia come qualcosa di affermativo, importante e duraturo.

Mi dispiace che il testo solo non renda la bellezza e l'emozione di questa vecchia canzone cantata e vissuta ieri, primavera inoltrata nella città...


Don don din don
don din don din don nanì.

E la mi mama l'è 'na bona dona
E 'nca mè son la so fiola
la m'ha cumprà una vistina nova
Qualched'un la pagherà.

Don don din don
Don din don din don nanì.

E la mi mama l'è una bona dona
E 'nca mè son la so fiola.
La m'ha ciamè per sempre la so fiola

e per sempre lo sarò,

Don don din don
don din don din don nanì.


martedì 15 maggio 2007

valeria parrella

(Valeria Parrella. foto dalla pagina linkata. Effettivamente ha un bel sorriso)


Ho appena aggiunto un link tra i miei link amici: la narratrice Valeria Parrella. Insegnante di lingua, mi trobo a dover fare leggere agli alunni, compito difficile, non solo perché i loro gusti non sono i miei (differenze di età, di patroni culturali, di interessi...), ma anche e soprattutto perché la maggioranza legge poco e niente, ha letto poco e niente in nessuna lingua. Oppure hanno letto: I pilari della terra, Il Codigo da Vinci ( e va già bene), "un libro in italiano di cui non ricordo il nome"... Stephen King. Beh, sembra invece che Per grazia ricevuta, il secondo libro della Parrella, portata in classe dalla mia collega, abbia avuto un successone. Me lo sono fatta imprestare anch'io e confermo: meravigliosa!

Mi sono fatta arrivare attravverso ibs Mosca più balena, ho cercato su google chi ne parlasse... Ho trovato questa pagina -personale?- in cui si stabilisce un dibattito sulle virtù della sua letteratura
Vi troverete il solito dibattito: ma non è un po' esagerato il successo che ha avuto questa donna con solo due libri pubblicati? Ma non sarà la solita raccomandata? È una borghese, di classe alta e bla bla.
È possibile che si parli solo di letteratura in termini di successo e di classe sociale?

Per me è evidente che alcuni interventi dimenticano la cosa essenziale per me e per tante lettrici (e per qualche lettore, mi auguro): i personaggi femminili di Parrella sono davvero figure nuove, consapevoli, padrone del loro destino, sia quale sia il ruolo che abbiano deciso di assolvere. Sono viste attravverso gli occhi di una donna che non si lascia accattivare da modelli maschili pretesamenti neutri.`Sono personaggi che danno la sensazione di essere "veri" e che allo stesso tempo propongono sempre realtà vincenti. Non sono ricche, famose, belle o viziate dal destino, ma sanno inventarsi la propria vita malgrado tutto e tutti.
Credo che le donne siamo stufe di leggere di donne perdenti, alcoolizzate, invecchiate, sottomesse e tristi. Le donne di Valeria non sono nè donne in carriera, nè bambole, nè sedutrici, nè depresse ... Tiriamo un lungo respiro e ci riconosciamo -finalmente!- in queste donne che si vivono in prima persona, che decidono, che fanno e che (ci) sanno fare, e che sanno ridere anche di sè stesse...
E poi c'è il linguaggio, il rapporto teso tra italiano e dialetto ben usato e ben dosato. E l'ironia. E le storie. E la poesia. Una poesia inattesa, sorprendente. Chi avrebbe osato paragonare il profumo del sonno di un bambino ad una mela gratuggiata? Lei l'ha fatto. E chi paragonare le fantasie infantili di una bambina all'atteggiamento della madre che si aggrappa alla illusione?
E c'è il ritmo, perfettamente studiato. E le riflessioni, fatte come en passant... E poi c'è anche Napoli, una Napoli che non si rassegna a ripetere il propri luoghi comuni...
Veramente ammirevole. Di che cosa vi stupite? Cos'altro volete dalla vita? E dalla letteratura?

sabato 12 maggio 2007

signori del mulino




I primi anni che stavo in Italia, con la lingua, mi arrangiavo abbastanza bene,... ma mi mancavano tante cose: il registro, per esempio. Scrissi per protestare per una radio avuta in regalo da una famosa ditta di biscotti, che non funzionava. Le parole con cui iniziai la mia lettera furono: "Cari signori del Mulino,..." In casa ridiamo ancora oggi nel ricordarlo.

Cerco di non dimenticarmene quando mi innervosisco se gli alunni dicono o scrivono qualcosa di non adeguato alla situazione.

Comunque, i cari signori mi mandarono un radiolina nuova. Ed io gliene fui grata.

giovedì 10 maggio 2007

il mughetto


(foto da Internet)

Ieri in classe ho proposto un'attività per lavorare sui pronomi combinati: c'erano dei cartoncini con domande e risposte da abbinare. Tutte contenevano il pronome ne, tutte erano centrate nell'atto comunicativo del comprare-vendere. Ho impiegato un po' a capire che c'erano delle difficoltà lessicali che bloccavano gli studenti: una era la parola "stoffa", che non riuscivano a collegare a "un metro di"; l'altra "mughetto", che chiaramente andava messa vicino a "mazzo". Quando ho detto loro che mughetto era un fiore, con lo stesso nome in catalano, in castigliano, in francese... sono rimasti stupiti. Un fiore? Muguet?
Mi sono sentita la loro nonna, così conoscitrice di fiori e cose del passato... I fiori del mughetto, che si vendono sulla Rambla (a prezzo d'oro, tra l'altro), profumatissimi, sbocciano in maggio. Fuoriescono da dei rizoma come i ciclamini... Ciclamini? Cosa sono i ciclamini? Beh, meno male che hanno individuato il plurale!
Conoscenza del mondo... Imparare una lingua vuol dir anche avere la possibilità di ampliare il proprio mondo, ... come ben disse Wintgenstein: "Die Grenzen meine Sprache bedeuten die Greuzen meine Welt”. Mmmm, parlate tedesco?

mercoledì 9 maggio 2007

la mia ultima, per ora, casa


Se non vi siete ancora persi tra pensieri, nomi e sante e divagazioni, ricorderete il filo delle mie case. Eccovi una foto del paese dove sta l'ultima delle mie case... per il momento.
La foto è stata presa, come tra l'altro quella del post precedente, da Internet, ed è firmata Tatiana Rozada. Quella del mare in burrasca del primo maggio, da José Antonio.
Questo sarebbe un paese vicino al mare: il sogno di questi ultimi miei anni lontana da tutto e da tutti, come usavo dire, in mezzo al nulla ... che nulla non era.

martedì 1 maggio 2007

primo maggio


(Immagine da Internet)
Tempo piovoso il primo maggio. E mare sicuramente mosso. Niente celebrazione all'aperto come si usa fare in Italia.
Chiama mio suocero per farci gli auguri del primo maggio. Dev'essere dei pochi resistenti, cioè, che si resiste a considerare fuori moda questa vecchia ricorrenza. Ho avuto, con l'otto marzo appena trascorso, la stessa sensazione tra colleghe ed alunne -con le dovute eccezioni!-: "A cosa servono queste feste ormai superate?". Ebbene sì, confesso, io le festeggio tutte, ma non parlatemi per carità della festa della mamma...

Su Internet trovo un'approccio interessante: date un'occhiata a questo san Precario, prottettore dei lavoratori in nero, dei soggetti alla dichiarazione IVA (non raramente al servizio anche di istituzioni...), degli obbligati a fare turni impossibili, delle cassiere dei supermercati, ...

E buon primo maggio, se siete lavoratori e lavoratrici.